CONVERTITEVI E CREDETE
Parole di vita: CONVERTITEVI E CREDETE
Ogni anno quando inizia la quaresima si parte dal giorno delle ceneri nel quale si sente dire la frase: “convertiti e credi al vangelo”.
Solitamente abbassiamo anche la testa mentre il sacerdote ci cosparge di cenere per ricordarci che “polvere eravamo e polvere saremo” per ricordarci che siamo creature e non Dio, ma molte volte questo viene preso come un segno che ci dice che dobbiamo in questi 40 giorni essere quasi infelici altrimenti non c’è in noi il vero cristiano, non c’è la salvezza se non stiamo male e poi al termine di questo cammino ci si ferma al venerdì santo con la famosa frase detta da Gesù nel getsemani: “Signore sia fatta la tua volontà e non la mia” e li finiamo nella Pasqua pensando che la volontà di Dio sia sempre “portare la croce” intesa come sofferenza obbligata se vuoi essere un Cristiano.
Ma la visione di Dio forse è un’altra per noi cristiani. La possiamo comprendere meglio dalla sua stessa rivelazione, cioè da alcuni passi Biblici.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,14-15).
Poi una serie di miracoli che servivano a presentare Gesù nel mondo, a far riconoscere che Dio era con Lui e che Lui era Dio. Servivano anche per far vedere il vero volto del Padre, un padre misericordioso che scende fra il Suo popolo per amarlo e salvarlo.
Esatto opposto di “conversione e fede al vangelo”: Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una gran folla gli venne incontro. A un tratto dalla folla un uomo si mise a gridare: “Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho. Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed egli dá schiuma e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito. Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. Gesù rispose: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio” (Lc 9,37-41).
Certo la croce esiste, ed è il combattere contro ogni male che è presente nella nostra vita, contro ogni vizio che produce schiavitù e morte.
Credere in Dio è rinnegare i pensieri di tristezza, è smettere di brontolare sempre, è non più puntare il dito continuamente verso gli altri (come se fossero loro a renderci tristi).
Croce è quindi cercare il Regno dei Cieli e la Sua giustizia nella situazione di vita che stai vivendo oggi. Cerca Dio nonostante la malattia, nonostante l’essere senza lavoro, nonostante il fatto che i tuoi cari ti fanno dannare, nonostante tu non sappia ancora cosa farai della tua vita, nonostante tu sia stata abbandonata dal tuo coniuge.
Questa è la conversione verso Dio iniziando a credere che Lui è lì con te nel tuo abisso di sofferenza per aiutarti.
Comment (1)
Evangelizzazione, proselitismo, irenismo.
Si è, di recente, riaffermata la necessità di un forte rilancio dell’evangelizzazione (come già a suo tempo auspicato da Papa Giovanni Paolo II) la cui credibilità possa emergere nella sfida finalizzata al raggiungimento di più salde fraternità, amicizia e solidarietà fra i popoli, senza ricorrere, comunque, a qualsiasi forma di condannabile proselitismo; se, in linea di principio, su quest’ultima esigenza sussiste un unanime consenso, permangono, comunque, talune notevoli divergenze sul contenuto da attribuire ai termini “evangelizzazione” e “proselitismo” che determinano una deprecabile confusione.
Al fine di pervenire ad un necessario chiarimento di quanto sopra messo in evidenza, è di determinante ausilio il ricorso alla “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione”, redatta dalla “Congregazione per la dottrina della fede” ed approvata da Papa Benedetto XVI il 6 ottobre 2007.
Vengono, pertanto, qui riportati alcuni brani che chiariscono o, quantomeno, determinano in via convenzionale nel loro uso, il contenuto attualmente attribuito dalla Chiesa a detti termini.
“Il termine evangelizzazione ha un significato molto ricco. In senso ampio, esso riassume l’intera missione della Chiesa: tutta la sua vita infatti consiste nel realizzare la traditio Evangelii, l’annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16) e che in ultima essenza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1 Cor 1, 24). Perciò, così intesa, l’evangelizzazione ha come destinataria tutta l’umanità. In ogni caso, evangelizzare significa non soltanto insegnare una dottrina bensì annunciare il Signore Gesù con parole ed azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo.
In ogni caso, va ricordato che nella trasmissione del Vangelo la parola e la testimonianza della vita vanno di pari passo; affinché la luce della verità sia irradiata a tutti gli uomini, è necessaria anzitutto la testimonianza della santità. Se la parola è smentita dalla condotta, difficilmente viene accolta. Ma neppure basta la sola testimonianza, perché “anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata — ciò che Pietro chiamava “dare le ragioni della propria speranza” (1 Pt 3, 15) — ed esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù.”
Per quanto concerne, poi, il termine “proselitismo”, la suddetta Nota così si esprime: “Originalmente il termine “proselitismo” nasce in ambito ebraico, ove “proselito” indicava colui che, proveniente dalle “genti”, era passato a far parte del “popolo eletto”. Così anche in ambito cristiano il termine proselitismo spesso è stato utilizzato come sinonimo dell’attività missionaria. Recentemente il termine ha preso una connotazione negativa come pubblicità per la propria religione con mezzi e motivi contrari allo spirito del vangelo e che non salvaguardano la libertà e la dignità della persona. In tale senso, il termine “proselitismo” viene compreso nel contesto del movimento ecumenico: cf. The Joint Working Group between the Catholic Church and the World Council of Churches, The Challenge of Proselytism”.
Quanto come sopra riportato, può così, in estrema sintesi, ricapitolarsi. L’ “evangelizzazione” ha bisogno di due essenziali elementi: annuncio del Vangelo con un chiaro ed inequivocabile riferimento a nostro Signore Gesù Cristo ed una consequenziale testimonianza, finalizzati alla conversione dei non credenti, il tutto svolto con amore e nel rispetto del prossimo, mentre il termine “proselitismo” va inteso solo con riferimento alle inaccettabili ed inopportune modalità, a volte anche violente, svolte senza alcun rispetto dell’altrui coscienza e libertà religiosa nella diffusione del suddetto annuncio.
Se, al fine di chiarezza onde evitare possibili confusioni, la “Congregazione per la dottrina della fede” ha ritenuto opportuno precisare nei termini su esposti i contenuti che la Chiesa intende attribuire, nel loro uso, ai termini “evangelizzazione” e “proselitismo”, è evidente che l’unanimità dei consensi nel condannare il “proselitismo” venga meno qualora vengano modificati i contenuti dei termini in questione.
Al riguardo la suddetta “Nota” prosegue con le seguenti osservazioni che, oggi, appaiono di estrema attualità.
“Si verifica oggi, tuttavia, una crescente confusione che induce molti a lasciare inascoltato ed inoperante il comando missionario del Signore (cf. Mt 28, 19). Spesso si ritiene che ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un limite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede cattolica: si dice che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Inoltre, alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa, poiché sarebbe possibile esser salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale alla Chiesa.”
Purtroppo la suddetta confusione risulta ulteriormente accresciuta da affermazioni, provenienti da alta e qualificata sede, secondo le quali l’annuncio del Signore debba essere fatto non con la parola ma solo con la testimonianza del camminare insieme verso la stessa meta, diventare, cioè, tutti fratelli per poter costruire fraternità, amicizia, comunità, con l’ulteriore precisazione che “come credenti ci vediamo provocati a tornare alle nostre fonti per concentrarci sull’essenziale: l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo” (aspetti comuni delle religioni monoteiste), “in modo tale che alcuni aspetti della nostra dottrina, fuori dal loro contesto, non finiscano per alimentare forme di disprezzo, di odio, di xenofobia, di negazione dell’altro” (enc. Fratelli tutti, cap. VIII), rimanendo così implicitamente escluso dall’opera di evangelizzazione il fine della conversione dei non credenti a Gesù Cristo, Figlio di Dio, crocifisso, morto e risuscitato per la nostra salvezza, aspetto irrinunciabile per i cattolici che costituisce un insormontabile ostacolo per intraprendere, con i non cattolici, un comune “percorso spirituale”.
E’ evidente che, in una tale visione, il campo dell’Evangelizzazione risulti notevolmente ridotto fino ad escludere “aspetti” fondamentali della fede cattolica che, così, sono destinati a confluire nell’ambito di un condannato “proselitismo”, aprendo la strada verso l’istaurazione di una religiosità universale (“irenismo”, di stampo chiaramene massonico) che, inevitabilmente, conduce sì all’unificazione di tutte le religioni, ma nella comune rovina.
Su tale attuale pericolo appaiono davvero profetiche le argomentazioni svolte nell’enciclica Humani Generis di papa Pio XII che così si esprimeva: “Si nota poi un altro pericolo……molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, abbracciano una specie di irenismo che, omesse le questioni che dividono gli uomini, sembrano ritenere un ostacolo al ristabilimento dell’unità fraterna, quanto si fonda sulle leggi e sui principi stessi dati da Cristo e sulle istituzioni da Lui fondate , o quanto costituisce la difesa e il sostegno dell’integrità della fede, crollate le quali, tutto viene sì unificato, ma soltanto nella comune rovina”. Anche il Sant’Ufficio si pronunciava negli stessi termini il 20 dicembre 1949 affermando che : “si deve evitare che per uno spirito, chiamato irenico, l’insegnamento cattolico venga talmente confutato e accomodato con la dottrina dei dissidenti (per il vano desiderio dell’assimilazione progressiva delle differenti professioni di fede ) che ne abbia a soffrire la purezza della dottrina cattolica”. Altrettanto profetica appare anche l’affermazione contenuta nell’enciclica Humanum Genus di papa Leone XIII del lontano 1884: “l’irenismo d’oggi è proprio questo spirito diabolico condannato dalla Chiesa, prodromo della cosiddetta Religione unica globale, ovvero dell’irreligione totalitaria della Setta del male e dell’errore”.