IL CUSTODE: 4) Le caratteristiche

IL CUSTODE: 4) Le caratteristiche

Le caratteristiche del “custodire”

Ecco delle indicazioni per un accompagnamento nello stile evangelico.

Per fare un “buon servizio”:

  1. Dio stesso vuole questo “servizio” (ministero di grazia e misericordia). Dio vuole aiutare tante persone (prendersi cura) attraverso questo progetto: Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune (1Cor 12,4-7).
  2. È un progetto nel progetto, siamo, cioè, inseriti nel grande progetto della salvezza comune: Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,11-13).
  3. L’accompagnato è di Dio. Noi siamo collaboratori, ma non padroni. Siamo servi in un lavoro che farà essenzialmente Dio: Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio (1Cor 3,5-9).
  4. Quando ci si incontra, ci si confronta e bisogna essere almeno in tre: il custode, il custodito e “deve” esserci il Signore: Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20). Solo se teniamo il Signore sempre presente, si farà un servizio nella “verità”. Non è un incontro sociologico, psicologico o altro, bensì spirituale. Si deve dare spazio allo Spirito Santo e non alla propria “carne”.
  5. Dobbiamo far vedere Gesù come modello e non noi far vedere noi stessi. Attenzione al proprio bisogno di emergere, di stima, di “vanagloria”. Dobbiamo imparare a “parlare della propria esperienza senza parlare di sé”: State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli (Mt 6,1).
  6. Non dobbiamo rubare la scena a Dio, ma dobbiamo essere testimoni: Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo (1Cor 11,1). Devono vederci “realizzati”. Se la nostra vita non “pubblicizza” bene Dio, dobbiamo fermarci. Rischiamo anche di appesantire l’altro (scandalizzare).
  7. Dobbiamo mantenere “la giusta vicinanza” ma anche “l’adeguata distanza”. Attenzione a non snaturare “il servizio” con la reciprocità delle confidenze e lo scambio dei consigli troppo “amichevoli”: Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto (Mt 10,41). Significa riconoscere i ruoli diversi e mantenerli.
  8. Non si è “profeti” dell’altro (alcune volte si), ma lo si accompagna a fare dei discernimenti più autonomi possibili (altrimenti non ci sarà crescita nella relazione con Dio – ma diventeranno dipendenti da te e non da una Parola di Dio). Non siamo l’oracolo delle soluzioni. Si può comunque pregare assieme e cercare di ascoltare Dio. L’importante è non sostituirci al custodito che ascolta Dio e cresce: Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta»» (1Sam 3,8-9).
  9. Dobbiamo ascoltare e comprendere l’altro, ma non farci coinvolgere dalle emozioni dell’altro, altrimenti si rischia di affondare entrambi: Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava (Gv 1,1.3.5-6). Compassionevoli sempre, ma anche attenti a stare nel cammino (sul pezzo). Un genitore, per ottenere grazia per i figli, deve mantenere la fede nella prova. Lazzaro era morto ma Gesù è rimasto vivo e lo ha risuscitato. Se il custode si perde di coraggio, nessuno li potrà salvare.
  10. Il custode dovrà verificare sovente il suo distacco e il servizio nei confronti del custodito, facendosi aiutare, a sua volta, dal proprio custode. Dobbiamo, cioè, capire se il servizio è “puro” o se si sta usando questo per un proprio tornaconto (anche solo affettivo e di piacere di avere qualcuno da “gestire”): Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge (1Pt 5,1-3). Mentre cammini con l’altro anche il tuo cuore può essere scosso. Se la storia dell’altro provoca forti emozioni, è il caso di guardare e lavorare su qualcosa di se stessi che sta emergendo (anche questa è opera e pedagogia di Dio). Può darsi che Dio uso colui che custodisci per farti da specchio.
  11. Si deve ascoltare l’altro sia in quello che dice ma anche nella sua comunicazione non verbale per comprendere come sta la persona ed eventualmente aiutarla a “fare verità” (l’essenza viene a galla): Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce (Mc 4,22). L’ascolto è una terapia. L’ascolto è un potente strumento nelle mani di Dio per guarire. Siamo in un tempo di sordo-muti. Aiutiamo l’altro ad aprirsi al Cielo. Ascoltiamolo. Così mente parla può “vedere” da lui stesso certe situazioni che prima erano dentro e potevano diventare “fantasmi” giganti.
  12. L’accompagnato deve sentirsi libero e non giudicato (anche se possono venire a galla ferite che cercano di mascherarsi per paura di essere “svalorizzati”): «Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,10-11). Possono (anzi, devono) venire alla luce errori e limiti che con l’aiuto del Signore saranno oggetto di lavoro, ma sentendosi accompagnati verso la terra promessa.
  1. L’accompagnamento, quasi sicuramente, porterà a scoprire dei lati oscuri e dei legami (idolatria) con persone e cose. Il cammino fa emergere gli “altarini”. Il cammino porterà sicuramente a fare delle scelte anche forti. Non sempre il custodito le vuole fare, non sempre si accettano le potature. Qualcuno potrebbe anche andarsene, il custode deve essere pronto anche a questo: Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,66-67).
  2. Sovente l’entusiasmo fa presumere che, dopo il colloquio, l’accompagnato farà un bel lavoro, ma può succedere che, confrontandosi con la realtà giornaliera, si cada e si scoprano ulteriori limiti e ferite. Vedi la parabola dei due figli inviati a lavorare nella vigna (Mt 21,28-32). Gesù stesso ha sperimentato che chi lo seguiva da vicino (Pietro e Giuda) lo ha anche “rinnegato” e “tradito”. Possiamo vivere situazioni fallimentari (in quel momento).
  3. L’obiettivo è crescere sempre nella relazione con Dio, non il diventare perfetti per sentirsi a posto (immediatamente). Solitamente il percorso è molto progressivo e spesso impercettibile esteriormente. L’importante è che si veda il cambiamento interiore per primo. Il resto arriverà: E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19).
  4. Si può giungere al momento in cui devi lasciare libero l’altro di fare il suo cammino “distante” da te: Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù (Gv 1,35-37). Lasciare l’accompagnato direttamente con Cristo o con un altro accompagnatore. A volte bisogna tagliare il cordone ombelicale.
  5. Ci sono delle situazioni molto “pesanti” che possono venire a galla. Può darsi che non siamo in grado di poterle gestire. Meglio consigliare di farsi seguire da altri (o fare un percorso psicologico o anche di liberazione in ministeri adeguati). Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi (Mc 9,20-27). In un percorso con Gesù, ad un certo punto – visto che viene a galla tutto il “marcio” – può sembrare che le cose peggiorino. Non bisogna spaventarsi ma perseverare cercando di comprendere la radice del “malessere” palesato.
  6. Bisogna darsi dei tempi minimi e massimi di incontro e di ascolto: Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare (Mt 14,22-25). Bisogna imparare a scadenzarli per darsi delle regole e non essere troppo emotivi – si rischia di non lavorare con se stessi nel silenzio con Dio (naturalmente l’esigenza forte va presa in carico). Il tempo comunque varierà dalla situazione di chi custodisci. All’inizio avrà molto più bisogno di te (a volte quasi giornaliero). Nel tempo si può arrivare ad un confronto mensile.
  7. Non possiamo accompagnarne troppi. Pena l’incapacità di seguirli e bene ed anche il rischio di born-out: C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla (Lc 9,14-16).
  8. Fatti sempre accompagnare anche tu – confrontati. Non sperare di essere ascoltato se non ascolti. L’obbedienza genera obbedienza, l’ascolto genera ascolto: Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va’!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa’ questo!», ed egli lo fa» (Lc 7,8).
  9. Ogni buon servizio di custodia (accompagnamento o recupero) è fatto con l’intento che la persona prosegua il cammino nella Chiesa (comunità): Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui (Lc 10,33-34).

SAN GIUSEPPE IL CUSTODE

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto (Mt 2,13-14).
Senza Maria, Gesù non sarebbe nato, senza San Giuseppe, Gesù non sarebbe sopravvissuto.
San Giuseppe ha “custodito” non solo Gesù, ma anche Maria. È il custode della Sacra Famiglia e lui stesso ne fa parte.
Custodisci coloro che Dio ti affida come fossero tuoi cari (fratelli e sorelle in Cristo), così custodirai Cristo e te stesso/a.

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