L’indifferenza

L’indifferenza

Massimo Coero Borga – Briciole di Vangelo

L’INDIFFERENZA

Una cara sorella del ministero, mi ha raccontato che questa settimana è caduta fuori del supermercato e nessuno l’ha aiutata, nonostante avessero visto la situazione: questo si chiama indifferenza!!!

Questo fa più male del dolore fisico stesso.

Gesù ne parla con una Parabola:
Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre (Lc 10,25-32).

Andare oltre, in questo caso, significa non prendere a cuore la situazione che hai davanti.
Qui non dice che dobbiamo andare a cercare il bisognoso, bensì chiarisce che ce lo troviamo davanti ma, come nella parabola, molti fanno gli indifferenti (a causa della legge che gli imponeva quell’azione. Allora…).

L’indifferenza è, quindi, un non farsi coinvolgere nella vita altrui, specialmente quando la persona ha una difficoltà, un problema.
Ti trovi davanti a una persona bisognosa ma preferisci passare oltre. La paura del coinvolgimento emotivo o dell’essere “usati” in quella situazione ti fa chiudere il cuore.
Qualcuno lo chiama “menefreghismo”: della serie “lo farei ma non mi conviene”.

Sì, molte volte non ci facciamo coinvolgere (neanche da Gesù) perché abbiamo elaborato che non ci guadagniamo nulla.
Ma davvero?!?!
La parabola parla chiaramente. Gesù è molto chiaro allora come lo è adesso. Abbiamo paura di essere contagiati, di perderci qualcosa, di trovarci in una situazione più grande di noi.

E poi cosa faccio?

Gesù, proseguendo la parabola, termina col dire come si vince l’indifferenza. Con la compassione:
Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33).

Meno male che Gesù non è rimasto indifferente alle nostre fragilità e malesseri, altrimenti saremmo tutti spacciati:
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati (Mt 14,14).

La compassione non è solo provare una bella emozione nei confronti dell’altro, ma è agire per portare aiuto al “malcapitato”.
Se Gesù facesse l’indifferente con noi (con me e te) cosa penseremmo? Come staremmo? Penso che ci crollerebbe il mondo addosso.

Conoscendo, invece, la nostra situazione, Lui si è tuffato a capofitto nelle nostre povertà per aiutarci:
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine (Gv 13,1).

Ora, l’azione di Gesù (compassione che porta salvezza) avviene attraverso la Chiesa, attraverso me, attraverso te, attraverso gli alti cristiani (se lo siamo anche nelle azioni e non solo “di nome”).

La compassione è, quindi, il sentimento che vince l’indifferenza e porta guarigione e salvezza.

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